domenica 8 marzo 2009

RIFLESSIONI SUL TESTAMENTO BIOLOGICO

Prima di tutto il caso di Eluana non è un caso isolato; sono numerose le situazioni
analoghe (circa 2000) in tutto il Paese, se poi si guarda al futuro e si considera la rapidità
con cui evolve il progresso in campo biomedico, è facile prevedere il rapido moltiplicarsi
di tali situazioni. Secondo me si potrebbe prevedere in FVG una struttura dedicata agli
stati comatosi, a servizio di quelle famiglie che non ce la fanno da sole a reggere
l’assistenza, a servizio di chi sceglie comunque la vita, a pieno servizio della dignità della
persona!
Non c’è dubbio che spesso molti casi siano riconducibili a quell’insieme di situazioni di
frontiera nelle quali diventa estremamente difficile stabilire il confine fra un’eutanasia
passiva e l’accanimento terapeutico, detto in altre parole, esistono molte situazioni dove
non intervenire può impedire ad un soggetto di fruire di una vita ancora umanamente
dignitosa, e intervenire potrebbe invece determinare un eccessivo prolungamento della
vita biologica a scapito della sua qualità umana.
La differenza di posizioni diviene rilevante quando si passa a determinare ciò che
appartiene all’ambito della “cura”, cioè cosa è medico e cosa non lo è. Il dibattito
parlamentare si è infervorato proprio su questo punto: alimentazione e disidratazione
artificiali sono terapia o sostegno vitale?
L’altra questione spinosa è: a chi spetta decidere e con quali modalità. Il consenso
informato e il testamento biologico nascono proprio dall’attuazione del principio di
autodeterminazione della persona interessata (malata). Ma le situazioni cliniche sono
molte e sempre più complesse.
E’ chiaro che parecchie delle perplessità sollevate in questa fase nascono da una endemica
carenza legislativa. Per questo è necessario arrivare al più presto all’approvazione di una
legge, anche minimale, sul testamento biologico. Il Parlamento deve prendersi il tempo
necessario per approfondire, discutere e arrivare a una decisione non facile e scontata.
Molti cittadini, la maggior parte, e tra questi anch’io, hanno seguito la vicenda Englaro in
silenzio, su invito del padre o di autorevoli personaggi politici o ecclesiali.
Oggi, però, non mi piace che il signor Englaro, dopo aver dichiarato di volersi ritirare nel
suo silenzio, continui a pronunciarsi e ne faccia una battaglia politica propria. Ho
l’impressione che non sia stato sincero, che non avrà mai pace.
E’ un comportamento deplorevole, almeno quanto lo è stato il comportamento tenuto dal
senatore-tessitore di Martignacco e dal presidente della regione, che avevano concordato
tutto da tempo, prima con la clinica “Città di Udine” e poi con “la Quiete”, senza
coinvolgere nessuno, né l’Assessore Kosic, né i capigruppo regionali.
Il terribile calvario di quella ragazza ha già prodotto un gran risultato perché ha contribuito
a far crescere nell’opinione pubblica una rinnovata sensibilità attorno ai temi della
sofferenza e ad accentuare, in chi ci governa, l’impegno a promuovere provvedimenti
legislativi che concorrano a rendere più umane le frontiere della malattia e della morte.
Paolo Menis - Consigliere Regionale
(estratto dell'intervento in Consiglio regionale - 4 marzo 2009)

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