venerdì 26 dicembre 2008

In nome della madre

“In nome del padre”: inaugura il segno della croce.
In nome della madre s’inaugura la vita.


Il bue ha muggito piano, l’asina ha sbatacchiato forte le orecchie. E’stato un applauso di bestie il primo benvenuto al mondo di Ieshu, figlio mio. Non chiamo Iosef. Gli avevo promesso un figlio all’alba ed è ancora notte. Fino alla prima luce dell’alba Ieshu è solamente mio.

Fuori c’è il mondo, i padri, le leggi gli eserciti, i registri in cui iscrive il tuo nome, la circoncisione che ti darà l’appartenenza a un popolo. Fuori c’è l’odore di vino. Fuori c’è l’accampamento degli uomini. Qui dentro siamo solo noi, un calore di bestie ci avvolge e noi siamo al riparo del mondo fino all’alba. Poi entreranno e tu non sarai più mio.
Ma finché dura la notte, finché la luce di una stella vagante è a picco su di noi, noi siamo i soli al mondo. Possiamo fare a meno di loro, anche di tuo padre Iosef che è il migliore degli uomini.

Abìtuati al deserto, che è di nessuno e dove si sta tra terra e cielo senza l’ombra di un muro, di un recinto. Abìtuati al bivacco, impara la danza che protegge dagli uomini. Non è esilio il deserto è il tuo luogo di nascita. Non vieni da un sudore di abbracci, da nessuna goccia d’uomo, ma dal vento asciutto di un annuncio. Non si fideranno di te, come sei fatto.

Fuori c’è una città che si chiama Bet Lèhem, Casa di Pane. Tu sei nato qui, su una terra fornaia. Tu sei pasta cresciuta in me senza lievito d’uomo. Ti tocco e porto al naso il tuo profumo di pane della festa, quello che si porta al tempio e si offre.

No, non sia mai, tu non sei pane, tu sei uno dei tanti marmocchi che spuntano al modo, uno degli innumerevoli che nemmeno si contano e brulicano sulla faccia della terra.

Signore del mondo, benedetto, ascolta la preghiera della tua serva che adesso è madre. Quando nasce un bambino la famiglia si augura che diventi qualcuno, intelligente, si distingua dagli altri. Fa che non sia così. Fa che questo brivido salito sulla mia schiena, questo freddo venuto dal futuro sia lontano da lui. Lo chiamo Ieshu come vuoi tu, ma non lo reclamare per qualche tua missione. Fa che sia un cucciolo qualunque, anche un poco stupido, svogliato, senza studio, un figlio che si mette a bottega da suo padre, impara il mestiere, lo prosegue.

Noi penseremo a trovargli una moglie, lui mi metterà sulle ginocchia una squadra di figli. Signore del mondo benedetto, fa che abbia difetti, non si occupi di politica, vada d’accordo coi Romani e con tutti quelli che verranno a fare i padroni a casa nostra, nella nostra terra. Non ho più visto il messaggero, non l’ho più sentito: è segno che lascerai fare a me e a Iosef? Certo, ce ne occuperemo noi. Fa solo che questo bambino sia nessuno nella tua storia, fa che sia un uomo semplice, contento di esserlo e fa che si arrabbi soltanto con le mosche.
Fa che non sia bello, non susciti invidie.
Ascolta la preghiera alla rovescia della tua serva.

Lo chiamerò ad agire, lo prometto, ma non nel mezzo di una mischia, di una guerra. Stanotte a lume di una stella viaggiante ho la vista dei ciechi. Tocco il corpo di Ieshu in punta di dita e lo vedo ad una festa di nozze. Non è lui l’uomo, è già nei trent’anni. E io gli chiedo qualcosa lui mi guarda, arrossisce confuso, non vuole, poi obbedisce. Non so che cosa gli ho chiesto, né cosa fa lui per risposta. Intorno la festa continua. So che te lo consegno quel giorno. Non dico: così sia. Dico: non sia prima di così.
Ti ho promesso, promettimi. Ti ho obbedito, esaudiscimi.

Sta sbiadendo la luce della stella, il giorno viene strisciando da oriente e scardina la notte. I pastori contano la pecore prima di spargerle ai pascoli. Iosef sta sulla porta. Ieshu bambino mio, ti presento il mondo. Entra Iosef, questo adesso è il tuo figlio.

Da - IN NOME DELLA MADRE Erri De Luca, Feltrinelli (2006)

1 commento:

Anonimo ha detto...

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