venerdì 19 dicembre 2008

La nostra speranza

L'Alto Friuli, occupa circa 1/3 della superficie dell'intera Regione Friuli V.G. ed ha una popolazione di circa 75.000 abitanti dispersi in 43 comuni di cui 21 con meno di 1000 abitanti.

La popolazione è in costante decremento sia per la bassa mortalità (nati = metà dei morti) che per la quasi assente immigrazione dall'estero. Il flusso migratorio interno tende a far scivolare la popolazione dai piccoli e dislocati paesi di montagna verso i centri più grossi della vallata (Tolmezzo e Gemona). Il rapporto tra anziani e adulti (indice di dipendenza senile) è di 1:2 (la media regionale si attesta su 1:5). Per esprimere in modo sintetico lo stato di salute, l'indicatore più rilevante è il tasso standardizzato di mortalità precoce, ovvero gli anni di vita persi da una popolazione rispetto alla vita media. Nell'ultimo decennio il tasso di mortalità precoce in Alto Friuli è stato sempre tra il 7% e il 20% maggiore rispetto alla media della regione. I comuni di montagna (con meno di 5000 abitanti) mostrano un aggravio della mortalità del 30% per i maschi e del 15% per le femmine. Da più evidenze di letteratura viene dimostrato che la vera base di questo fenomeno è in realtà il livello di reddito disponibile dai cittadini e dalla famiglie. Da questo dipendono infatti tutta una serie di determinanti di salute: la qualità dell'alimentazione, gli stili di vita, la conoscenza e la possibilità di accesso ai servizi.

Questa mattina a Tolmezzo ho tenuto quattro ore di lezione nell'ambito di un corso sull'assistenza alla persona. I partecipanti al corso: 12 ragazze straniere; Russia, Romania, Polonia, Marocco, Filippine, Centro America, le loro nazioni d'origine.
Ho detto loro che noi Friulani siamo destinatia scomparire, di questo passo, e che per questo rimettiamo in loro la speranza per salvarci, per non far sparire i nostri paesi e per ripopolarli con bambini dalla pelle di molti colori. Mentre parlavo mi chiedevo se stessi esprimendo davvero il sentimento della maggioranza o se fosse solo una mia velleità.
Negli occhi di quelle persone ho intravisto la volontà di ricostruirsi un vita migliore; ho visto la fierezza di due giovani russe laureate (in ingegneria e in economia) che, rimboccate le maniche, si avviano verso una professione che le portetà ad assistere i nostri anziani.
Chi può permettersi di dire che non sono loro la nostra speranza?

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