Caduto il 20 luglio 1915 sulle Tofane nei pressi di Cortina d’Ampezzo colpito da una pallottola in piena fronte, Antonio Cantore fu il primo Generale italiano a perdere la vita nella grande guerra.
Le cronache ci raccontano di un uomo con un temperamento a volte crudele e inflessibile che certo non badava alle perdite umane pur di attuare i suoi piani di guerra. Fu proprio durante l’apprestamento di una di queste operazioni militari che perse la vita.
Era il Luglio del 1915 quando al gen. Cantore venne affidato il comando delle operazioni militari sul fronte dolomitico; in particolare egli si concentrò nelle zona cortinese delle Tofane ed elaborò un piano d’attacco alle postazioni Austriache posizionate sul Castelleto. Il suo piano prevedeva di impadronirsi della Forcella di Fontana Negra, che era in mano nemica, per poi piombare dall'alto sui soldati austriaci asserragliati sul Castelletto. Si trattava certamente di un'operazione spericolata, che lasciò perplessi, se non addirittura contrariati, molti ufficiali: gli austriaci erano infatti posizionati a circa 1800 m s.l.m., mentre gli italiani a soli 1300. Questi ultimi avrebbero quindi dovuto risalire per mezzo chilometro il versante orientale, costruendo trincee e gallerie nella viva roccia, il tutto sotto l'accanito fuoco delle prime rudimentali ma micidiali mitragliatrici nemiche. Il piano d'attacco, anche se avesse dato la vittoria a Cantore, avrebbe richiesto il sacrificio di centinaia e centinaia di vite umane.
Il 20 Luglio il Cantore si portò sul fronte delle Tofane e radunati i suoi uomini disse loro la frase sibillina: “Domani sarete tutti lassù”. Poi andò in avanscoperta ad ispezionare il teatro della battaglia; sportosi da una trincea per perlustrare con il binocolo la scena fu colpito a morte alla fronte da una pallottola.
La sua morte è ancora oggi avvolta nel mistero. La versione ufficiale lo vuole colpito dal cecchino nemico, ma l'inaspettata morte del generale Cantore suscitò immediatamente forti sospetti tra i ranghi dell'esercito regio e tra la popolazione ampezzana. L'uccisione era infatti avvenuta alla presenza di pochissimi testimoni, ed in molti avevano motivo di eliminare il comandante genovese. In particolare, ad alimentare le dicerie e le congetture popolari fu la misteriosa scomparsa del cappello che il generale era sempre solito portare, e che indossava anche nel momento della sua morte. Essendo stato colpito in fronte, il cappello avrebbe dovuto presentare sulla parte anteriore il foro del proiettile che freddò Cantore; tuttavia non poté essere effettuata alcuna indagine, poiché la berretta militare, trapassata dal proiettile e deposta sulla bara scomparve subito dopo il funerale del comandante. Solo a seguito del suo recente ritrovamento pubblico, (era custodita da un nipote del generale, ignaro delle varie ipotesi sulla morte del nonno) avvenuto negli anni '90, sono stati condotti degli studi approfonditi, e il responso è stato scioccante per molti: è risultato infatti che i proiettili in dotazione all'esercito austriaco nel corso del conflitto, 8,5 mm di calibro, sarebbero troppo grandi per il foro, mentre quelli italiani del medesimo periodo, 6,5 mm, combacerebbero perfettamente. Alcuni dubbi vengono dal fatto che il cappello, essendo di cuoio, possa essersi ristretto e irrigidito, deformando la reale sagoma del foro.
Si dice leggendariamente che, durante il suo funerale, tenutosi il 22 luglio a Cortina, lo abbia pianto soltanto il suo cavallo bianco.
Dopo la sua morte l’operazione da lui progettata venne subito accantonata e ci volle più di un anno e centinaia di morti prima che la postazione austriaca cedesse.
Come siano andati realmente i fatti non ci sarà forse mai dato di sapere e probabilmente non conta nemmeno tanto, quello che invece deve farci pensare è se a oltre novant’anni dalla conclusione della prima guerra mondiale abbia ancora senso la titolazione di una scuola ad un generale.
La scuola è il luogo per eccellenza di formazione dei nostri ragazzi, formazione non solo intellettuale ma anche alla convivenza civile e democratica. L’art. 11 della nostra costituzione è fin troppo chiaro sulla posizione che la nostra democrazia ha assunto rispetto alla risoluzione delle controversie internazionali; il termine ripudia non lascia margini, anche se come ben sappiamo non sempre siamo stati fedeli a questo dettato in modo risoluto
In ogni caso credo ci siamo molte persone che possano essere indicate a nostri figli come modelli da seguire e a cui intitolare la scuola media di Gemona del Friuli.
Pensiamoci.
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