Il cinema Sociale chiude: la notizia è di questi giorni anche se da tempo era facile intuire quest’amara conclusione. I multisala, la televisione, i DVD, internet, hanno sempre di più ridotto il numero dei fruitori delle sale cinematografiche cittadine risicando i margini di guadagno dei gestori sino a non garantirne la sussistenza. Anche il Sociale non si è salvato da quest’evenienza.
Il cinema teatro Sociale, riedificato dopo il terremoto in una collocazione diversa rispetto alla precedente, è un edificio di proprietà dell’amministrazione comunale. Inaugurato alla fine degli anni ottanta, l’attività di proiezione cinematografica è stata da sempre gestita in appalto da una società privata. La stessa società garantiva il personale di supporto per la stagione teatrale curata dall’Ente Regionale Teatrale. Nello scorso mese di Gennaio il gestore segnalava all’amministrazione comunale le difficoltà economiche riscontrate nella gestione dei due anni precedenti e anticipava la volontà di rescindere il contratto poi attuata nel successivo mese di Giugno. L’Amministrazione comunale, preso atto della rinuncia del gestore e delle problematicità della gestione finanziaria, lo scorso Luglio bandiva una nuova gara per la gestione del servizio, accollandosi le spese ordinarie (relative all’energia elettrica, riscaldamento e le manutenzione ed il controllo degli impianti di sicurezza ) ed aprendo la partecipazione anche ad associazioni senza attività di natura commerciale. Nonostante gli appelli dell’Amministrazione Comunale e alcuni incontri con associazioni e cittadini interessati, per cercare una soluzione al problema, alla scadenza non sono pervenute offerte e così non è rimasto altro che prendere atto della circostanza e decretare la chiusura (almeno per ora) della sala per quanto riguarda le proiezioni cinematografiche. Per gli spettacoli teatrali, si è messa una pezza e la stagione sarà garantita. Fin qui la cronaca.
Dobbiamo prendere atto: se non c’è interesse da parte dei cittadini per questo servizio è del tutto inutile tenerlo in vita spendendo risorse della collettività.
I tempi cambiano, cambiano i gusti e le esigenze; non ha molto senso difendere a spada tratta i “bei tempi passati” da una inevitabile trasformazione. Non serve erigere muraglie per evitare che il nuovo ci travolga ed arroccarsi nella difesa del fortino. E’ fondamentale però mantenere saldo quel filo rosso che ci lega con la storia ed arricchirlo delle esperienze più significative ma è impossibile portarsi dietro tutto. E’ altrettanto importante saper leggere il nostro tempo, che oggi muta molto più rapidamente di una volta (dice Nicholas Negroponte, in Essere digitali, che un anno-internet equivale e 3 mesi solari), per cercare di saldare il presente col passato, per tradurre i migliori saperi in un nuovo linguaggio.
Fuor di metafora, il cinema chiude, che cosa di buono possiamo salvare? Quali progetti possiamo mettere in campo perché quella sala possa essere veicolo di cultura e di espressioni artistiche? Chi si mette in gioco?
E’ inutile tentare la competizione con i cinema multisala, con realtà più strutturate, con bacini d’utenza di altre dimensioni, bisogna cambiare registro, alzare il livello, bisogna inserire il Sociale in un progetto culturale complessivo per Gemona coinvolgendo quanti hanno a cuore questi aspetti (il volontariato culturale, le scuole, la parrocchia, La Cineteca del Friuli, singoli cittadini appassionati) ma cercando anche canali di sostegno in un ambito più ampio del nostro comune.
Investire nella cultura non è un facile business; non ci saranno “project financing” che potranno salvare il Sociale con la bacchetta magica, ne è cosciente anche chi propone queste soluzioni.
Il Sociale si salverà se, abbandonata la facile demagogia, Gemona saprà investire in cultura a prescindere dall’immediato ritorno economico ma, prima di tutto, perché è cosciente che attraverso la cultura e la conoscenza possiamo disporre di molte chiavi per la lettura del mondo, siamo stimolati al dialogo e al confronto con esperienze e patrimoni diversi dai nostri e possiamo costruire nuove convivenze, nuove cittadinanze in una società che si prospetta sempre più multietnica. Conoscere ci aiuta a saper osservare la molteplicità degli aspetti del mondo che ci circonda e a non cadere nel pensiero unico che ci dice che solo ciò che ha un prezzo vale.
Il Sociale è una delle possibilità che abbiamo per lavorare in questa direzione.
Le risposte non sono facili, ma è questa la sfida che si prospetta; l’amministrazione comunale per prima, e poi tutti i cittadini di Gemona, sapranno coglierla?
La sala del Sociale è vuota, come la riempiamo?
Sandro Venturini
Il cinema teatro Sociale, riedificato dopo il terremoto in una collocazione diversa rispetto alla precedente, è un edificio di proprietà dell’amministrazione comunale. Inaugurato alla fine degli anni ottanta, l’attività di proiezione cinematografica è stata da sempre gestita in appalto da una società privata. La stessa società garantiva il personale di supporto per la stagione teatrale curata dall’Ente Regionale Teatrale. Nello scorso mese di Gennaio il gestore segnalava all’amministrazione comunale le difficoltà economiche riscontrate nella gestione dei due anni precedenti e anticipava la volontà di rescindere il contratto poi attuata nel successivo mese di Giugno. L’Amministrazione comunale, preso atto della rinuncia del gestore e delle problematicità della gestione finanziaria, lo scorso Luglio bandiva una nuova gara per la gestione del servizio, accollandosi le spese ordinarie (relative all’energia elettrica, riscaldamento e le manutenzione ed il controllo degli impianti di sicurezza ) ed aprendo la partecipazione anche ad associazioni senza attività di natura commerciale. Nonostante gli appelli dell’Amministrazione Comunale e alcuni incontri con associazioni e cittadini interessati, per cercare una soluzione al problema, alla scadenza non sono pervenute offerte e così non è rimasto altro che prendere atto della circostanza e decretare la chiusura (almeno per ora) della sala per quanto riguarda le proiezioni cinematografiche. Per gli spettacoli teatrali, si è messa una pezza e la stagione sarà garantita. Fin qui la cronaca.
Dobbiamo prendere atto: se non c’è interesse da parte dei cittadini per questo servizio è del tutto inutile tenerlo in vita spendendo risorse della collettività.
I tempi cambiano, cambiano i gusti e le esigenze; non ha molto senso difendere a spada tratta i “bei tempi passati” da una inevitabile trasformazione. Non serve erigere muraglie per evitare che il nuovo ci travolga ed arroccarsi nella difesa del fortino. E’ fondamentale però mantenere saldo quel filo rosso che ci lega con la storia ed arricchirlo delle esperienze più significative ma è impossibile portarsi dietro tutto. E’ altrettanto importante saper leggere il nostro tempo, che oggi muta molto più rapidamente di una volta (dice Nicholas Negroponte, in Essere digitali, che un anno-internet equivale e 3 mesi solari), per cercare di saldare il presente col passato, per tradurre i migliori saperi in un nuovo linguaggio.
Fuor di metafora, il cinema chiude, che cosa di buono possiamo salvare? Quali progetti possiamo mettere in campo perché quella sala possa essere veicolo di cultura e di espressioni artistiche? Chi si mette in gioco?
E’ inutile tentare la competizione con i cinema multisala, con realtà più strutturate, con bacini d’utenza di altre dimensioni, bisogna cambiare registro, alzare il livello, bisogna inserire il Sociale in un progetto culturale complessivo per Gemona coinvolgendo quanti hanno a cuore questi aspetti (il volontariato culturale, le scuole, la parrocchia, La Cineteca del Friuli, singoli cittadini appassionati) ma cercando anche canali di sostegno in un ambito più ampio del nostro comune.
Investire nella cultura non è un facile business; non ci saranno “project financing” che potranno salvare il Sociale con la bacchetta magica, ne è cosciente anche chi propone queste soluzioni.
Il Sociale si salverà se, abbandonata la facile demagogia, Gemona saprà investire in cultura a prescindere dall’immediato ritorno economico ma, prima di tutto, perché è cosciente che attraverso la cultura e la conoscenza possiamo disporre di molte chiavi per la lettura del mondo, siamo stimolati al dialogo e al confronto con esperienze e patrimoni diversi dai nostri e possiamo costruire nuove convivenze, nuove cittadinanze in una società che si prospetta sempre più multietnica. Conoscere ci aiuta a saper osservare la molteplicità degli aspetti del mondo che ci circonda e a non cadere nel pensiero unico che ci dice che solo ciò che ha un prezzo vale.
Il Sociale è una delle possibilità che abbiamo per lavorare in questa direzione.
Le risposte non sono facili, ma è questa la sfida che si prospetta; l’amministrazione comunale per prima, e poi tutti i cittadini di Gemona, sapranno coglierla?
La sala del Sociale è vuota, come la riempiamo?
Sandro Venturini
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