Di seguito la mail che ho inviato oggi al sig. Danilo Narduzzi, rappresentante della Lega in Consiglio Regionale.
Signor Danilo Narduzzi, capogruppo della Lega Nord - Consiglio Regionale Friuli-V.G.
Non posso che associarmi a quanto Le scrive, attraverso una lettera pubblicata sulle pagine del settimanale della Diocesi di Udine "La Vita Cattolica", mons. Giuseppe Benvegnù-Pasini.
Nel malaugurato caso Le fosse sfuggita, glieLa riporto di seguito.
«Leggo la notizia che il capogruppo della Lega Nord della Regione Friuli-Venezia Giulia ha chiesto alla sua Regione di far chiudere gli ambulatori che prestano assistenza agli immigrati irregolari, sulla base del reato di "soggiorno illegale nel territorio dello Stato", riservandosi, in assenza di risposte certe, di "far intervenire le procure della Repubblica".La recente legge sulla sicurezza rivela tutto il suo volto disumano e discriminatorio, che molti paventavano.Vorrei ricordare semplicemente che l’assistenza agli infermi, a tutti indiscriminatamente, compresi i nemici, costituisce una delle Opere di misericordia, raccomandata dal Vangelo e dalla tradizione ebraico-cristiana.Analoga proibizione era uscita, durante la seconda guerra mondiale, da parte delle forze nazi-fasciste, nei confronti degli Ebrei. Molti cristiani e uomini di buona volontà si opposero a questa norma e pagarono con la vita la fedeltà alla propria fede e alla propria coscienza.Sono certo che le Caritas Diocesane, impegnate in questo servizio umanitario, nel caso in cui questa proposta fosse ratificata dagli organi competenti, si chiederanno se fare pubblicamente obiezione di coscienza e continuare il loro servizio, in nome della fede e della difesa dei diritti umani». (mons Giuseppe Benvegnù-Pasini, già direttore della Caritas Italiana e attuale presidente della Fondazione Zancan di Padova)
Quando interessi strumentali e di bassa politica prevaricano i diritti fondamentali delle persone e soprattutto di quelle più deboli e indifese, le coscienze non possono rimanere nel silenzio.
Mi scandalizza il fatto che rappresentanti dei cittadini operino in spregio ai fondamentali diritti dell’uomo ed ai dettati della nostra Costituzione democratica: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
La biasimo e La saluto.
Sandro Venturini
Via Maitani, 30
GEMONA DEL FRIULI
domenica 9 agosto 2009
SOSPESA ANCHE LA PISTA CICLABILE
La nuova giunta comunale guidata da Paolo Urbani, invece di procedere celermente ad appaltare lavori per dare un po’ di fiato alle imprese in un momento di così marcata crisi, pare più orientata a bloccarli - è l’amara constatazione di Sandro Venturini capogruppo della Lista Civica CON TE GEMONA- Dopo la sospensione dell’appalto per la sistemazione della via San Pietro (l’accesso più diretto tra la Statale 13 e l’Ospedale) la nuova giunta ora stoppa anche il progetto della pista ciclabile. La città dello sport non investe in un’opera che favorirebbe la mobilità sana e sicura.
Se Gemona resterà priva di un sistema ciclabile in linea con gli attuali standard delle moderne città, rischia di perdere anche il flusso ciclo-turistico che sicuramente si alimenterà notevolmente con la prossima apertura della ciclovia Alpe-Adria – prosegue Venturini -. Quest’opera potrebbe infatti ridare a Gemona lo storico ruolo di porta tra il mare e la montagna facendo convergere e stazionare nella nostra città il flusso dei ciclo-turisti che in questi ultimi anni sono in continuo aumento. Ma per cogliere quest’opportunità bisogna farsi trovare preparati con un’adeguata viabilità ciclabile e con ideonee strutture per l’accoglienza. La pista ciclabile potrebbe essere pronta in un paio d’anni. Invece tutto rimandato con buona pace delle imprese edili, che potrebbero trovare un po’ di ossigeno da un rapido appalto delle opere pubbliche, delle attività commerciali, di accoglienza e ristorazione, e di quelle legate al commercio e manutenzione di biciclette e accessori.
Non c’è nemmeno un’urgenza economica tale da motivare la scelta del sindaco Urbani. Le risorse per la pista ciclabile erano già a bilancio e recentemente abbiamo appreso che la Giunta ha pure investito 2.000.000 di euro in fondi immobiliari in attesa di interessi futuri. Con i tempi che corrono – conclude il capogruppo consiliare - le risorse vanno investite rapidamente sul territorio mediante progetti che creino lavoro e sviluppo. La pista ciclabile poteva essere sicuramente uno di questi.
Se Gemona resterà priva di un sistema ciclabile in linea con gli attuali standard delle moderne città, rischia di perdere anche il flusso ciclo-turistico che sicuramente si alimenterà notevolmente con la prossima apertura della ciclovia Alpe-Adria – prosegue Venturini -. Quest’opera potrebbe infatti ridare a Gemona lo storico ruolo di porta tra il mare e la montagna facendo convergere e stazionare nella nostra città il flusso dei ciclo-turisti che in questi ultimi anni sono in continuo aumento. Ma per cogliere quest’opportunità bisogna farsi trovare preparati con un’adeguata viabilità ciclabile e con ideonee strutture per l’accoglienza. La pista ciclabile potrebbe essere pronta in un paio d’anni. Invece tutto rimandato con buona pace delle imprese edili, che potrebbero trovare un po’ di ossigeno da un rapido appalto delle opere pubbliche, delle attività commerciali, di accoglienza e ristorazione, e di quelle legate al commercio e manutenzione di biciclette e accessori.
Non c’è nemmeno un’urgenza economica tale da motivare la scelta del sindaco Urbani. Le risorse per la pista ciclabile erano già a bilancio e recentemente abbiamo appreso che la Giunta ha pure investito 2.000.000 di euro in fondi immobiliari in attesa di interessi futuri. Con i tempi che corrono – conclude il capogruppo consiliare - le risorse vanno investite rapidamente sul territorio mediante progetti che creino lavoro e sviluppo. La pista ciclabile poteva essere sicuramente uno di questi.
martedì 28 luglio 2009
venerdì 10 luglio 2009
Lettera sulla fame nel mondo
Carissimi amici,
Questa non è una lettera documento, ma solo uno sfogo.
L’unico dato certo che cito è che 800 milioni di persone nel mondo soffrono la fame (è un documento ufficiale della FAO). Ma, un conto è vedere una cifra su di un giornale e una altro è constatare in giro per il mondo le cose che accadono. E, negli ultimi tempi, ne ho viste molte.
Troppe le baraccopoli, troppi i bambini di strada, troppi i mendicanti, troppa la fame nei paesi aridi, troppa la prostituzione. Si sa, si tratta di problemi vecchi che nessuno puo’ risolvere con la bacchetta magica. Ci sono tante persone nel mondo che se ne occupano partendo da un impegno personale, per fede o per umanitarismo, e tante persone che le sostengono. E’ una constatazione. Ma in molti casi esse si trovano di fronte a mali vasti e strutturali che solo una politica mondiale di ampio respiro può affrontare e, alla lunga, forse risolvere.
Ma questo implica una presa di coscienza di chi ha cultura, denaro e potere sia nel primo mondo sviluppato che presso le elites del resto dei paesi.
Vediamo spesso invece un calare dell’impegno dei paesi ricchi verso quelli più poveri e un astio verso le persone che in qualche modo si presentano, scomodamente per noi, dinanzi alle nostre porte. Certo abbiamo bisogno di sicurezza, ma anche di accoglienza e di apertura mentale. Mai una azione difensiva soltanto ha avuto alla lunga esito positivo. I problemi occorre affrontarli di petto. Occorre che ci rendiamo conto che, per esempio in Europa, viviamo in un vero e proprio paradiso, se lo confrontiamo con la situazione di tanti paesi del mondo. Vedo ogni giorno con i miei occhi gente che sarebbe contenta di avere soltanto quello che noi quotidianamente scartiamo in abiti usati, in prodotti tecnici funzionanti. Ma obsoleti, in scarti di cibo.
Qualche giorno fa alla televisione brasiliana hanno comunicato che il presidente Lula ha firmato una legge che concede la residenza brasiliana a tantissimi immigrati clandestini ed ha espressamente sottolineato che il Brasile è sempre stato una terra di accoglienza in cui milioni di Europei hanno trovato rifugio e sopravvivenza quando in Europa le cose andavano male.
Nello stesso telegiornale, il comunicato successivo dava notizia dell’approvazione della legge italiana che dichiara reato l’immigrazione clandestina. E il Brasile non è certo un paese senza problemi! Così con tutta la mia prosopopea di europeo mi sono inchinato di fronte all’umanità di chi percepisce i problemi su scala mondiale e non solo dalla poltrona del proprio comodo salotto.
E come membro della Chiesa, sento di avere una grande responsabilità nel dovere di denunciare tutto ciò che innalza barriere tra gli uomini e di formare le coscienze al dovere della solidarietà mondiale. E’ un compito cui non possiamo sottrarci nelle nostre chiese e nelle nostre scuole anche quando ci espone alle critiche dei sedicenti cristiani benpensanti.
Paolo
Questa non è una lettera documento, ma solo uno sfogo.
L’unico dato certo che cito è che 800 milioni di persone nel mondo soffrono la fame (è un documento ufficiale della FAO). Ma, un conto è vedere una cifra su di un giornale e una altro è constatare in giro per il mondo le cose che accadono. E, negli ultimi tempi, ne ho viste molte.
Troppe le baraccopoli, troppi i bambini di strada, troppi i mendicanti, troppa la fame nei paesi aridi, troppa la prostituzione. Si sa, si tratta di problemi vecchi che nessuno puo’ risolvere con la bacchetta magica. Ci sono tante persone nel mondo che se ne occupano partendo da un impegno personale, per fede o per umanitarismo, e tante persone che le sostengono. E’ una constatazione. Ma in molti casi esse si trovano di fronte a mali vasti e strutturali che solo una politica mondiale di ampio respiro può affrontare e, alla lunga, forse risolvere.
Ma questo implica una presa di coscienza di chi ha cultura, denaro e potere sia nel primo mondo sviluppato che presso le elites del resto dei paesi.
Vediamo spesso invece un calare dell’impegno dei paesi ricchi verso quelli più poveri e un astio verso le persone che in qualche modo si presentano, scomodamente per noi, dinanzi alle nostre porte. Certo abbiamo bisogno di sicurezza, ma anche di accoglienza e di apertura mentale. Mai una azione difensiva soltanto ha avuto alla lunga esito positivo. I problemi occorre affrontarli di petto. Occorre che ci rendiamo conto che, per esempio in Europa, viviamo in un vero e proprio paradiso, se lo confrontiamo con la situazione di tanti paesi del mondo. Vedo ogni giorno con i miei occhi gente che sarebbe contenta di avere soltanto quello che noi quotidianamente scartiamo in abiti usati, in prodotti tecnici funzionanti. Ma obsoleti, in scarti di cibo.
Qualche giorno fa alla televisione brasiliana hanno comunicato che il presidente Lula ha firmato una legge che concede la residenza brasiliana a tantissimi immigrati clandestini ed ha espressamente sottolineato che il Brasile è sempre stato una terra di accoglienza in cui milioni di Europei hanno trovato rifugio e sopravvivenza quando in Europa le cose andavano male.
Nello stesso telegiornale, il comunicato successivo dava notizia dell’approvazione della legge italiana che dichiara reato l’immigrazione clandestina. E il Brasile non è certo un paese senza problemi! Così con tutta la mia prosopopea di europeo mi sono inchinato di fronte all’umanità di chi percepisce i problemi su scala mondiale e non solo dalla poltrona del proprio comodo salotto.
E come membro della Chiesa, sento di avere una grande responsabilità nel dovere di denunciare tutto ciò che innalza barriere tra gli uomini e di formare le coscienze al dovere della solidarietà mondiale. E’ un compito cui non possiamo sottrarci nelle nostre chiese e nelle nostre scuole anche quando ci espone alle critiche dei sedicenti cristiani benpensanti.
Paolo
giovedì 9 luglio 2009
Piccola posta (Il Foglio)
3 luglio 2009
“Per mangiarti meglio, piccina mia”, disse la nonnina, e tentò di fare un boccone solo di Debora Serracchiani. E tutto per un’intervista un po’ fessa? Ehi, che bocca grande che hai, nonnina!
di Adriano Sofri
“Per mangiarti meglio, piccina mia”, disse la nonnina, e tentò di fare un boccone solo di Debora Serracchiani. E tutto per un’intervista un po’ fessa? Ehi, che bocca grande che hai, nonnina!
di Adriano Sofri
Lavoro e diritti
“Movimentazione manuale dei carichi” sul Fiume Paraguay.
250 Kg di calce sulla schiena traspostati in equilibrio su un tavolone da 30 cm.!
…va tenuto presente che e`
causa di gravi scompensi separare l’agire economico, a
cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico,
a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante
la ridistribuzione.
« La solidarieta` universale, che e` un fatto e per
noi un beneficio, e` altresì un dovere ».105 Molte persone,
oggi, tendono a coltivare la pretesa di non dover niente
a nessuno, tranne che a se stesse. Ritengono di essere
titolari solo di diritti e incontrano spesso forti ostacoli a
maturare una responsabilita` per il proprio e l’altrui sviluppo
integrale. Per questo e` importante sollecitare una
nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri
senza i quali si trasformano in arbitrio.
dalla Lettera enciclica Caritas in veritate
del sommo pontefice Benedetto XVI
250 Kg di calce sulla schiena traspostati in equilibrio su un tavolone da 30 cm.!
…va tenuto presente che e`
causa di gravi scompensi separare l’agire economico, a
cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico,
a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante
la ridistribuzione.
« La solidarieta` universale, che e` un fatto e per
noi un beneficio, e` altresì un dovere ».105 Molte persone,
oggi, tendono a coltivare la pretesa di non dover niente
a nessuno, tranne che a se stesse. Ritengono di essere
titolari solo di diritti e incontrano spesso forti ostacoli a
maturare una responsabilita` per il proprio e l’altrui sviluppo
integrale. Per questo e` importante sollecitare una
nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri
senza i quali si trasformano in arbitrio.
dalla Lettera enciclica Caritas in veritate
del sommo pontefice Benedetto XVI
martedì 30 giugno 2009
sabato 27 giugno 2009
giovedì 18 giugno 2009
Il decalogo di Bregantini
1. Il potere è al servizio del bene comune e la politica è il più esigente esercizio di carità genuina verso le categorie più deboli: i poveri, gli umili, i piccoli. L’uso del pubblico potere e del pubblico denaro va sempre orientato per il bene comune e non per favorire affari personali e di gruppo o per creare clientele. La trasparenza riguardo i patrimoni personali potrà incoraggiare la fiducia degli elettori.
2. La politica attiva comporta una crescita di responsabilità e forme di democrazia ascendente che prevede luoghi permanenti e periodici di partecipazione: circoli, associazioni culturali, volontariato, società civile. La politica ha ancora il compito di garantire la partecipazione responsabile ai soggetti sociali, avendo di mira e privilegiando gli interessi delle persone e delle comunità intermedie. Nei confronti di queste essa si pone come sostegno e coordinamento nel rispetto del principio di sussidiarietà e di un sano pluralismo personalista e comunitario.
3. Il rispetto delle altrui posizioni favorisce il dialogo con amici e avversari; il rifiuto della rissa e dell’intolleranza sviluppa una sana competizione delle idee per risolvere i problemi, riducendo la conflittualità esasperata, incrementando la collaborazione con spirito costruttivo sui temi del bene comune.
4. Il requisito della coerenza ha conseguenze sui comportamenti nella vita pubblica. I mutamenti di schieramento, sempre possibili per motivi di coscienza, dovrebbero richiedere le dimissioni dall’incarico. La coscienza politica deve favorire e promuovere i valori della persona, quali la dignità, il diritto al lavoro, la giustizia, la promozione della cultura, la crescita della moralità civile, la custodia della famiglia, il rispetto della vita e la crescita della sua qualità, la non violenza, la libertà di pensiero, di azione e di religione.
5. Va ribadito il rifiuto e la denuncia di comportamenti immorali e disonesti, come la corruzione, la concussione, la menzogna, la calunnia, il clientelismo, l’associazione per delinquere, l’abuso e la truffa. A tal fine potrà essere di aiuto l’elaborazione di codici etici condivisi.
6. Occorre impegno per favorire la cultura della legalità, che rispetti e faccia rispettare le regole e le procedure democratiche. Gli eletti a cariche pubbliche avvertano il dovere di essere testimoni esemplari del rispetto delle leggi.
7. Gli amministratori abbiano una adeguata preparazione politica, giuridica, amministrativa, storica, economica e sociologica. A tal fine si incoraggino i luoghi e strumenti di formazione permanente. Gli incarichi di secondo livello vanno affidati a persone competenti, di provata moralità e testimoniata onestà professionale.
8. La selezione della classe dirigente amministrativa premi il merito, la competenza e rifugga dall’affidarsi a simpatie, legami personali o familiari, ripicche, vendette.
9. L’impegno politico amministrativo richiede un limite di mandato e periodi di tempo determinato, con fasi opportune di astensione tra incarichi dello stesso tipo.
10. L’attenzione ai problemi specifici del territorio in cui si opera va coordinata e misurata sulla base del principio di sussidiarietà con una visione aggiornata alle soluzioni nazionali e internazionali. La presenza assidua negli organismi amministrativi e di governo va apprezzata come va condannata ogni prassi di assenteismo
2. La politica attiva comporta una crescita di responsabilità e forme di democrazia ascendente che prevede luoghi permanenti e periodici di partecipazione: circoli, associazioni culturali, volontariato, società civile. La politica ha ancora il compito di garantire la partecipazione responsabile ai soggetti sociali, avendo di mira e privilegiando gli interessi delle persone e delle comunità intermedie. Nei confronti di queste essa si pone come sostegno e coordinamento nel rispetto del principio di sussidiarietà e di un sano pluralismo personalista e comunitario.
3. Il rispetto delle altrui posizioni favorisce il dialogo con amici e avversari; il rifiuto della rissa e dell’intolleranza sviluppa una sana competizione delle idee per risolvere i problemi, riducendo la conflittualità esasperata, incrementando la collaborazione con spirito costruttivo sui temi del bene comune.
4. Il requisito della coerenza ha conseguenze sui comportamenti nella vita pubblica. I mutamenti di schieramento, sempre possibili per motivi di coscienza, dovrebbero richiedere le dimissioni dall’incarico. La coscienza politica deve favorire e promuovere i valori della persona, quali la dignità, il diritto al lavoro, la giustizia, la promozione della cultura, la crescita della moralità civile, la custodia della famiglia, il rispetto della vita e la crescita della sua qualità, la non violenza, la libertà di pensiero, di azione e di religione.
5. Va ribadito il rifiuto e la denuncia di comportamenti immorali e disonesti, come la corruzione, la concussione, la menzogna, la calunnia, il clientelismo, l’associazione per delinquere, l’abuso e la truffa. A tal fine potrà essere di aiuto l’elaborazione di codici etici condivisi.
6. Occorre impegno per favorire la cultura della legalità, che rispetti e faccia rispettare le regole e le procedure democratiche. Gli eletti a cariche pubbliche avvertano il dovere di essere testimoni esemplari del rispetto delle leggi.
7. Gli amministratori abbiano una adeguata preparazione politica, giuridica, amministrativa, storica, economica e sociologica. A tal fine si incoraggino i luoghi e strumenti di formazione permanente. Gli incarichi di secondo livello vanno affidati a persone competenti, di provata moralità e testimoniata onestà professionale.
8. La selezione della classe dirigente amministrativa premi il merito, la competenza e rifugga dall’affidarsi a simpatie, legami personali o familiari, ripicche, vendette.
9. L’impegno politico amministrativo richiede un limite di mandato e periodi di tempo determinato, con fasi opportune di astensione tra incarichi dello stesso tipo.
10. L’attenzione ai problemi specifici del territorio in cui si opera va coordinata e misurata sulla base del principio di sussidiarietà con una visione aggiornata alle soluzioni nazionali e internazionali. La presenza assidua negli organismi amministrativi e di governo va apprezzata come va condannata ogni prassi di assenteismo
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