martedì 28 luglio 2009
venerdì 10 luglio 2009
Lettera sulla fame nel mondo
Carissimi amici,
Questa non è una lettera documento, ma solo uno sfogo.
L’unico dato certo che cito è che 800 milioni di persone nel mondo soffrono la fame (è un documento ufficiale della FAO). Ma, un conto è vedere una cifra su di un giornale e una altro è constatare in giro per il mondo le cose che accadono. E, negli ultimi tempi, ne ho viste molte.
Troppe le baraccopoli, troppi i bambini di strada, troppi i mendicanti, troppa la fame nei paesi aridi, troppa la prostituzione. Si sa, si tratta di problemi vecchi che nessuno puo’ risolvere con la bacchetta magica. Ci sono tante persone nel mondo che se ne occupano partendo da un impegno personale, per fede o per umanitarismo, e tante persone che le sostengono. E’ una constatazione. Ma in molti casi esse si trovano di fronte a mali vasti e strutturali che solo una politica mondiale di ampio respiro può affrontare e, alla lunga, forse risolvere.
Ma questo implica una presa di coscienza di chi ha cultura, denaro e potere sia nel primo mondo sviluppato che presso le elites del resto dei paesi.
Vediamo spesso invece un calare dell’impegno dei paesi ricchi verso quelli più poveri e un astio verso le persone che in qualche modo si presentano, scomodamente per noi, dinanzi alle nostre porte. Certo abbiamo bisogno di sicurezza, ma anche di accoglienza e di apertura mentale. Mai una azione difensiva soltanto ha avuto alla lunga esito positivo. I problemi occorre affrontarli di petto. Occorre che ci rendiamo conto che, per esempio in Europa, viviamo in un vero e proprio paradiso, se lo confrontiamo con la situazione di tanti paesi del mondo. Vedo ogni giorno con i miei occhi gente che sarebbe contenta di avere soltanto quello che noi quotidianamente scartiamo in abiti usati, in prodotti tecnici funzionanti. Ma obsoleti, in scarti di cibo.
Qualche giorno fa alla televisione brasiliana hanno comunicato che il presidente Lula ha firmato una legge che concede la residenza brasiliana a tantissimi immigrati clandestini ed ha espressamente sottolineato che il Brasile è sempre stato una terra di accoglienza in cui milioni di Europei hanno trovato rifugio e sopravvivenza quando in Europa le cose andavano male.
Nello stesso telegiornale, il comunicato successivo dava notizia dell’approvazione della legge italiana che dichiara reato l’immigrazione clandestina. E il Brasile non è certo un paese senza problemi! Così con tutta la mia prosopopea di europeo mi sono inchinato di fronte all’umanità di chi percepisce i problemi su scala mondiale e non solo dalla poltrona del proprio comodo salotto.
E come membro della Chiesa, sento di avere una grande responsabilità nel dovere di denunciare tutto ciò che innalza barriere tra gli uomini e di formare le coscienze al dovere della solidarietà mondiale. E’ un compito cui non possiamo sottrarci nelle nostre chiese e nelle nostre scuole anche quando ci espone alle critiche dei sedicenti cristiani benpensanti.
Paolo
Questa non è una lettera documento, ma solo uno sfogo.
L’unico dato certo che cito è che 800 milioni di persone nel mondo soffrono la fame (è un documento ufficiale della FAO). Ma, un conto è vedere una cifra su di un giornale e una altro è constatare in giro per il mondo le cose che accadono. E, negli ultimi tempi, ne ho viste molte.
Troppe le baraccopoli, troppi i bambini di strada, troppi i mendicanti, troppa la fame nei paesi aridi, troppa la prostituzione. Si sa, si tratta di problemi vecchi che nessuno puo’ risolvere con la bacchetta magica. Ci sono tante persone nel mondo che se ne occupano partendo da un impegno personale, per fede o per umanitarismo, e tante persone che le sostengono. E’ una constatazione. Ma in molti casi esse si trovano di fronte a mali vasti e strutturali che solo una politica mondiale di ampio respiro può affrontare e, alla lunga, forse risolvere.
Ma questo implica una presa di coscienza di chi ha cultura, denaro e potere sia nel primo mondo sviluppato che presso le elites del resto dei paesi.
Vediamo spesso invece un calare dell’impegno dei paesi ricchi verso quelli più poveri e un astio verso le persone che in qualche modo si presentano, scomodamente per noi, dinanzi alle nostre porte. Certo abbiamo bisogno di sicurezza, ma anche di accoglienza e di apertura mentale. Mai una azione difensiva soltanto ha avuto alla lunga esito positivo. I problemi occorre affrontarli di petto. Occorre che ci rendiamo conto che, per esempio in Europa, viviamo in un vero e proprio paradiso, se lo confrontiamo con la situazione di tanti paesi del mondo. Vedo ogni giorno con i miei occhi gente che sarebbe contenta di avere soltanto quello che noi quotidianamente scartiamo in abiti usati, in prodotti tecnici funzionanti. Ma obsoleti, in scarti di cibo.
Qualche giorno fa alla televisione brasiliana hanno comunicato che il presidente Lula ha firmato una legge che concede la residenza brasiliana a tantissimi immigrati clandestini ed ha espressamente sottolineato che il Brasile è sempre stato una terra di accoglienza in cui milioni di Europei hanno trovato rifugio e sopravvivenza quando in Europa le cose andavano male.
Nello stesso telegiornale, il comunicato successivo dava notizia dell’approvazione della legge italiana che dichiara reato l’immigrazione clandestina. E il Brasile non è certo un paese senza problemi! Così con tutta la mia prosopopea di europeo mi sono inchinato di fronte all’umanità di chi percepisce i problemi su scala mondiale e non solo dalla poltrona del proprio comodo salotto.
E come membro della Chiesa, sento di avere una grande responsabilità nel dovere di denunciare tutto ciò che innalza barriere tra gli uomini e di formare le coscienze al dovere della solidarietà mondiale. E’ un compito cui non possiamo sottrarci nelle nostre chiese e nelle nostre scuole anche quando ci espone alle critiche dei sedicenti cristiani benpensanti.
Paolo
giovedì 9 luglio 2009
Piccola posta (Il Foglio)
3 luglio 2009
“Per mangiarti meglio, piccina mia”, disse la nonnina, e tentò di fare un boccone solo di Debora Serracchiani. E tutto per un’intervista un po’ fessa? Ehi, che bocca grande che hai, nonnina!
di Adriano Sofri
“Per mangiarti meglio, piccina mia”, disse la nonnina, e tentò di fare un boccone solo di Debora Serracchiani. E tutto per un’intervista un po’ fessa? Ehi, che bocca grande che hai, nonnina!
di Adriano Sofri
Lavoro e diritti
“Movimentazione manuale dei carichi” sul Fiume Paraguay.
250 Kg di calce sulla schiena traspostati in equilibrio su un tavolone da 30 cm.!
…va tenuto presente che e`
causa di gravi scompensi separare l’agire economico, a
cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico,
a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante
la ridistribuzione.
« La solidarieta` universale, che e` un fatto e per
noi un beneficio, e` altresì un dovere ».105 Molte persone,
oggi, tendono a coltivare la pretesa di non dover niente
a nessuno, tranne che a se stesse. Ritengono di essere
titolari solo di diritti e incontrano spesso forti ostacoli a
maturare una responsabilita` per il proprio e l’altrui sviluppo
integrale. Per questo e` importante sollecitare una
nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri
senza i quali si trasformano in arbitrio.
dalla Lettera enciclica Caritas in veritate
del sommo pontefice Benedetto XVI
250 Kg di calce sulla schiena traspostati in equilibrio su un tavolone da 30 cm.!
…va tenuto presente che e`
causa di gravi scompensi separare l’agire economico, a
cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico,
a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante
la ridistribuzione.
« La solidarieta` universale, che e` un fatto e per
noi un beneficio, e` altresì un dovere ».105 Molte persone,
oggi, tendono a coltivare la pretesa di non dover niente
a nessuno, tranne che a se stesse. Ritengono di essere
titolari solo di diritti e incontrano spesso forti ostacoli a
maturare una responsabilita` per il proprio e l’altrui sviluppo
integrale. Per questo e` importante sollecitare una
nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri
senza i quali si trasformano in arbitrio.
dalla Lettera enciclica Caritas in veritate
del sommo pontefice Benedetto XVI
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